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Cenni sulla tutela del credito nella sistematica del Codice antimafia

Avv. Francesco Maria SALVUCCI

Come è noto, il Titolo IV del D.lgs. 159/2011 (Codice Antimafia) regola:
a) il rapporto tra sequestro/confisca di prevenzione e procedimenti di esecuzione forzata civile;
b) il rapporto tra sequestro/confisca di prevenzione e fallimento;
c) l’individuazione delle categorie di creditori che possono accedere alla tutela;
d) i presupposti sostanziali per l’opponibilità dei crediti nei confronti dello Stato confiscante;
e) un apposito procedimento per la verifica dei crediti e dei presupposti suddetti;
f) le modalità di liquidazione dei beni e di soddisfacimento dei creditori.

Con riferimento a quest’ultimo tema, si evidenziano due aspetti cruciali: il primo è quello che attende alla compressione dei diritti di credito, attuata in nome della destinazione del patrimonio confiscato a soddisfo di finalità “ultraindividuali”; il secondo, invece, è quello rappresentante una sorta di “concorsualizzazione del procedimento di verifica” ai sensi degli artt. 57 ss. Codice antimafia.

Quanto al primo aspetto, vengono in rilievo due disposizioni che limitano in maniera significativa la posizione creditoria del terzo nei confronti del soggetto nei cui confronti è disposto il sequestro/confisca. Nel porre i requisiti per l’ammissione del credito allo stato passivo relativo al patrimonio confiscato, l’art. 52, comma 1, lett. a, Codice antimafia pone la condizione che “il proposto non disponga di altri beni sui quali esercitare la garanzia patrimoniale idonea al soddisfacimento del credito, salvo che per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione sui beni sequestrati”. La seconda disposizione è contenuta nell’art. 53, che, dal punto di vista quantitativo, circoscrive la possibilità di fare valere il diritto di creditonel limite del 60 per cento del valore dei beni sequestrati o confiscati, risultante dal valore di stima o dalla minor somma eventualmente ricavata dalla vendita degli stessi, al netto delle spese del procedimento di confisca nonché di amministrazione dei beni sequestrati”, oltre a quelle del procedimento di formazione dello stato passivo.

Si tratta di previsioni che segnano un certo distacco dal diritto comune delle obbligazioni. Infatti, la prima disposizione assimila la posizione del creditore del proposto a quella del creditore particolare del socio di una società semplice, che ne chiede la liquidazione della quota (art. 2270 c.c.), il quale deve dimostrare che “gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti”, dimostrazione assolta mediante la prova dell’“incondizionata incapienza degli altri beni del debitore”, senza rilievo per la maggiore o minore difficoltà di escussione. La seconda disposizione, d’altro canto, attua una sorta di esproprio parziale del credito in nome della destinazione pubblicistica, anche dal punto di vista “simbolico e culturale”, del patrimonio confiscato, che si è tradotto, nella disciplina positiva, in termini di non integrale devolvibilità dei beni confiscati a beneficio di interessi privati.

Si mostra, peraltro, del tutto condivisibile l’assunto di chi in dottrina ha sostenuto che tale limitazione quantitativa alla garanzia patrimoniale, per la soddisfazione dei creditori, si mostrerebbe di tenore evidentemente incostituzionale.

Con riguardo al procedimento per l’ammissione dei crediti, giova ricordare che il relativo procedimento, volto alla composizione dello stato passivo a valere sul patrimonio oggetto di confisca, si articola nei seguenti passaggi:

  • formazione, da parte dell’amministratore giudiziario, dell’elenco dei creditori anteriori al sequestro, con “l’indicazione dei crediti e delle rispettive scadenze e l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali di godimento o garanzia o diritti personali sui beni” (art. 57, comma 1, Codice antimafia). L’adempimento richiama, quasi letteralmente, quanto in passato previsto per il fallimento dall’art. 89 l. fall. e, oggi, per la liquidazione giudiziale dall’art. 198, comma 1, C.C.I.I.;

  • successivamente alla confisca di primo grado, fissazione dell’udienza per la verifica dei crediti, con assegnazione ai creditori di un termine per la presentazione delle istanze per l’accertamento dei relativi diritti (art. 57, comma 2, Codice antimafia);

  • esame delle domande da parte dell’amministratore giudiziario e redazione del progetto di stato passivo con “le proprie motivate conclusioni sull’ammissione o sull’esclusione di ciascuna domanda” (art. 58, comma 5-bis), con facoltà per i creditori e i titolari di diritti sui beni confiscati di presentare osservazioni scritte e depositare documenti ulteriori, almeno cinque giorni prima dell’udienza (art. 57, comma 5-ter);

  • all’esito dell’udienza di verifica dei crediti – in funzione della quale il giudice delegato può assumere “anche d’ufficio le opportune informazioni” (art. 59, comma 1) –, si procede alla formazione dello stato passivo da parte del medesimo giudice, il quale lo rende esecutivo per mezzo di decreto (art. 59, comma 3), anche in questo caso con assoluta omogeneità rispetto a quanto prevedeva, per il fallimento, l’art. 96, comma 1, l. fall. e dispone oggi, per la liquidazione giudiziale, l’art. 204, co. 1, C.C.I.I.

Da questo momento si rendono disponibili ai terzi insoddisfatti i rimedi, anch’essi mutuati dal diritto delle procedure concorsuali, consistenti nell’opposizione e nell’impugnazione (riservate ai creditori; art. 59, comma 6), oltre che nella revocazione (cui sono legittimati il pubblico ministero, l’amministratore giudiziario e l’Agenzia; art. 62). Ne scaturisce l’avvio di un giudizio a contenzioso sostanzialmente pieno, che sarà definito con decreto ricorribile per cassazione (art. 59, comma 9).

Il complessivo procedimento si conclude – nel caso della positiva valutazione in ordine alla sussistenza delle condizioni prescritte dall’art. 52 Codice antimafia e solo “dopo l’irrevocabilità del provvedimento di confisca”, con il pagamento dei crediti, previa predisposizione del progetto e del conseguente piano di pagamento (art. 61), che tengono conto dell’ordine di soddisfacimento, dai crediti prededucibili a quelli con prelazione sui beni confiscati fino ai chirografari. Tale fase, “ove le somme apprese, riscosse o comunque ricevute non siano sufficienti a soddisfare i creditori utilmente collocati al passivo”, richiede un’ulteriore attività da parte dell’ANSBC, cioè la “liquidazione dei beni mobili, delle aziende o rami d’azienda e degli immobili” (art. 60, comma 1).

La fase finale del procedimento è stata oggetto di rilevanti modifiche apportate dalla L. n.161/2017, che ha posticipato la fase del pagamento e, conseguentemente, quella di liquidazione dei beni, così da soddisfare l’esigenza di attendere l’irrevocabilità del provvedimento di confisca. Si tratta di una scelta di distacco dalle corrispondenti fasi del modello concorsuale, che ha altresì coinciso con la concentrazione delle due funzioni, liquidazione dei beni e pagamento dei creditori, in capo all’ANSBC (Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), in luogo dell’amministratore giudiziario.

Alla luce dei dati normativi evocati, si può trarre una prima conclusione: se da un lato l’obiettivo perseguito dal legislatore era quello di plasmare un procedimento che, nella scansione dei singoli passaggi, richiamasse da vicino un altro ampiamente collaudato (come la formazione dello stato passivo concorsuale e i relativi rimedi già rodati), allora può dirsi realizzato. Dall’altro, tuttavia, la domanda che bisogna porsi è a quale prezzo.

Una prima risposta plausibile è quella volta a sostenere che il costo da sopportare è essenzialmente di tipo organizzativo ed è posto a carico dell’amministratore giudiziario. Quest’ultimo, diversamente dal curatore, gestisce un patrimonio imprenditoriale in piena autonomia, dovendo subentrare – da solo – nello svolgimento di una pluralità di mansioni in contesti non necessariamente collaborativi. L’attribuzione all’amministratore giudiziario di compiti tipici del curatore rischia di frenare l’efficacia della sua azione e quindi, da una parte, ridurre il grado di efficienza della funzione gestoria, dall’altra, di dilatare i tempi per la predisposizione e attuazione del piano di liquidazione dei beni e del progetto di pagamento dei creditori da parte dell’ANSBC. E ciò, nonostante l’anticipazione del procedimento per la formazione dello stato passivo in parte al momento del sequestro e comunque al deposito del decreto di confisca di primo grado (art. 57, comma 1).

Un’ultima annotazione in tema attiene all’allungamento dei tempi di attesa per addivenire alla liquidazione dei beni (con conseguente perdita di valore degli stessi a causa, ad esempio, dell’azione del tempo e il deprezzamento fisiologico), circostanza certamente pregiudicante la tutela del credito nel caso di specie. Al riguardo, in effetti, sarebbe opportuno garantire la disponibilità di strumenti tecnologici funzionali alla rapida dismissione del patrimonio confiscato, così da conservarne la funzione produttiva

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